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Preziosi d’autore? Al Museo del Gioiello di Vicenza le opere di Giò Pomodoro

Preziosi d’autore? Al Museo del Gioiello di Vicenza le opere di Giò Pomodoro

Fino al 2 settembre 2018 l’esposizione al Museo del Gioiello di Vicenza a cura di Paola Stroppiana: una celebrazione delle opere del grande scultore

Diamonds Are a Girl’s Best Friend, cantava Marilyn. Ma non solo diamonds e non solo girls, soprattutto in questo caso.
Perché la nuova mostra allestita al Museo del Gioiello di Vicenza, “I gioielli di Giò Pomodoro: il segno e l’ornamento“, è una meraviglia, tra vere e proprie opere d’arte in oro e pietre preziose, smalti, ori e un trionfo di design e forme geometriche.
L’abbiamo visitata il giorno della vernice, e non possiamo che consigliarla perché porta in scena creazioni di rara bellezza.

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Il percorso espositivo presenta una selezione di gioielli, oltre 60 opere che coprono un arco temporale di quasi mezzo secolo. Un racconto che si snoda a partire dai primi anni ‘50, testimoniando il passaggio dal figurativo all’Informale, sino ai gioielli in lamina d’oro puro sbalzato e fusione nell’osso di seppia. Si passa al geometrismo degli anni ‘70, dove all’elemento meccanico si affianca uno spiccato uso di smalti colorati (inclusi gli esemplari esposti al Guggenheim di New York nel 1994 nell’ambito della mostra The Italian Metamorphosis, 1943–1968), per giungere alla estrosità figurale degli esemplari degli anni ’80, ai gioielli seriali, ai prototipi e alle nuove sperimentazioni degli anni ‘90 sulle pietre dure.
L’omaggio al Maestro Giò Pomodoro (Orciano di Pesaro, 1930 – Milano, 2002) orafo, incisore, scultore e scenografo, avviene a 16 anni dalla sua scomparsa. La mostra è un’imperdibile occasione per portare all’attenzione del pubblico il contributo del grande scultore alla moderna concezione di “gioiello d’artista” come opera d’arte in sé compiuta, e alla codificazione di tale fenomeno critico nell’Italia del secondo dopoguerra.

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In tutti i gioielli convivono una grande capacità di progettazione, il segno, intellettualmente espresso in disegni di rara bellezza, e l’ornamento, frutto di un ricco archivio di riferimenti alla cultura classica e alla dimensione rituale-metafisica. Pomodoro seppe inoltre mantenere uno stretto legame con la produzione scultorea, trasponendo nei gioielli, e viceversa, gli esiti delle proprie ricerche plastiche, dalle Tensioni e Folle ai Gusci, dai Contatti ai Soli.

Come ha sottolineato la curatrice, Paola Stroppiana:

Dai primi gioielli degli anni ‘50, con i quali partecipa alla Biennale di Venezia del 1956, la produzione orafa del Maestro Gio’ Pomodoro (Orciano di Pesaro 1930 – Milano 2002) si sviluppa autonoma e costante nei decenni, spesso anticipando gli esiti della pratica scultorea, per il quale è noto. Esplorando le potenzialità della forma e della materia, già a partire dal 1953 Pomodoro applica l’antichissima tecnica della fusione dell’oro colato negli ossi di seppia scavati in negativo, ottenendo delle particolari texture sulle superfici, esaltate come straordinario elemento decorativo. Le varie tipologie dell’oro, il rosa e il bianco, il misurato inserimento di pietre preziose, le filettature in oro bianco, i castoni a bordi rovesciati contribuiscono a caratterizzare fortemente i suoi gioielli, che dichiarano una forte componente organica e raccontano il passaggio dal figurativo all’informale.

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Dalla seconda metà degli anni ‘60 lo studio sul vuoto e sulle tensioni lineari, espresse nelle Superfici in Tensione e nelle Folle nella scultura, sono parimenti leggibili nei gioielli, dove è presente un’organizzazione segnica più mentale e rigorosa, con effetti di continuo movimento e tensioni di energia tra le superfici. Pomodoro seppe sfruttare appieno l’ampia conoscenza delle tecniche orafe apprese negli anni della formazione, applicate sia in autonomia sia in collaborazione con grandi artigiani orafi, in particolare con i Fusari, padre e figlio, di Graffignana presso Lodi, i Fumanti di Roma e il cugino Marcello Lissoni. Di questo periodo i gioielli prodotti per la GEM di Giancarlo Montebello, uno dei primi esperimenti di produzione industriale seriale.

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Negli anni ‘70 prevale un maggiore geometrismo: all’elemento meccanico, arricchito da avvitature e cerniere, si affianca uno spiccato uso della cromia dato dall’uso di smalti, che diventeranno protagonisti degli esemplari degli anni ‘80, espressione di una visione più elaborata ed estrosa. I prototipi e le nuove ricerche degli anni ‘90 sulle pietre dure per la Cesari&Rinaldi portano il maestro ad una nuova stagione creativa, ricca di sperimentazione in termini di disegno e cromia.

 

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Qualche info in più sull’esposizione

La mostra “I gioielli di Gio’ Pomodoro: il segno e l’ornamento” al Museo del Gioiello di Vicenza è in corso fino al 2 settembre, con il sostegno di Italian Exhibition Group.
– Orari di apertura Museo del Gioiello di Vicenza:
da martedì a venerdì dalle 15.00 alle 19.00
sabato e domenica dalle 11.00 alle 19.00
Biglietti: intero 6 euro, ridotto 4 euro


La convenzione fino all’8 aprile:

Il Museo del Gioiello di Vicenza fa sistema a supporto del territorio e partecipa alle iniziative per la mostra “Van Gogh. Tra il grano e il cielo”, ospitata nel salone della Basilica Palladiana da sabato 7 ottobre 2017 a domenica 8 aprile 2018.
Acquistando un biglietto per la Mostra sul grande pittore olandese sarà possibile acquistare un biglietto speciale, valido 7 giorni, che comprende la visita al Museo del Gioiello, la visita al Teatro Olimpico, alla Chiesa di Santa Corona e alla Pinacoteca di Palazzo Chiericati, al prezzo di € 12,00. Il biglietto potrà essere acquistato presso il nuovo INFO POINT in Basilica Palladiana o presso l’Ufficio IAT in Piazza Matteotti n.12 (Vicenza).

Il Museo del Gioiello si trova al piano terra della Basilica Palladiana.

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